La peste arrivò in Europa verso il 1347 e ci restò fino al 1353.
È sufficiente dare un’occhiata, anche di sfuggita se non se ne ha troppa voglia, alla mappa che indica il propagarsi dell’epidemia per accorgersi che ci sono due zone franche.
L’area di Milano e una più ampia in Polonia, a Cracovia e limitrofi.
La malattia è democratica, non è una battaglia e i pazienti non sono guerrieri: non vincono o perdono. Semplicemente si ammalano. Alcuni guariscono e alcuni muoiono.
La peste a Milano
Cosa successe durante la peste del 1348 a Milano? Per saperne davvero, qui ci sono spunti interessanti.
Successe che Luchino Visconti, signore dalla città, intraprese e fece rispettare misure straordinarie per isolare geograficamente Milano.
Le merci e le persone che uscivano e soprattutto che entravano in città erano sottoposte a stringenti controlli.
La peste nera uccise circa 20 milioni di persone in Europa, anche se il numero è solo una stima è piuttosto chiaro che non fu una passeggiata.
All’epoca Luchino fu avvisato che Yersinia pestis, questo il nome scientifico della peste nera, si propagava velocemente, forse stava nell’aria, e il contagio era immediato.
Evitare il conflitto
La dilagante idea che qualsiasi malattia, dal cancro al coronavirus, sia una battaglia che il malato deve combattere è fuorviante.
Qualsiasi paziente che sta morendo di cancro potrebbe risentirsi parecchio se, oltre al cancro, gli venisse detto che ha pure perso la battaglia.
La cosa migliore, in caso di malattia, non è sfidarla. Ma curarla. E, ancora meglio, prevenirla.
Ogni anno si spendono milioni di euro in prevenzione, si fanno esami anche tremendamente invasivi, per garantirsi una manciata di anni di vita in più.
Nel caso della peste nera e del coronavirus la prevenzione è talmente semplice, stare isolati, che per alcuni risulta forse troppo poco. Too easy. Ora come allora.
In caso di virus, niente eroi
In tempi normali, ci sono i soliti idioti che, influenzati, devono per forza andare a salvare il mondo a colpi di fatture e pronti via: fuori di casa, si buttano bellamente in vagoni della metro o del treno affollati.
Si tossiscono nelle mani, starnutiscono, si trascinano fino alla scrivania dove, non paghi, normalmente, hanno contatti con trilioni di colleghi.
A sera rientrano impestando ancora i mezzi pubblici e infine, stanchi ma contenti, stramazzano sul divano convinti di essere stati eroici.
Sciocchi. Sono stati.
Se è semplice, non ne vale la pena
Con il coronavirus la prevenzione è semplice e, se non ci si fida perché si è gombloddistiiih, meglio guardare con stima Luchino Visconti che fece scuola chiudendo la città e mettendo, di fatto, al sicuro i suoi abitanti.
Evitare i contatti è la frase chiave. Tutto si può rimandare, tranne le operazioni chirurgiche urgenti. Tranne le questioni di vita o di morte.
E per chi sta pensando che fatturare sia questione di vita o di morte perché si rischia di buttare anni di attività nel cesso, non si può che dire che, sì, sulla carta è così.
Ma essere morti di coronavirus risulta invalidante ai fini della fatturazione.
Per cui: prevenire il coronavirus è facile. E facile non significa inutile.
E a Cracovia?
Dimenticavo. La stessa strategia adottata da Luchino Visconti fu utilizzata anche da Casimiro III.
A Milano la peste nera colpì solo il 15% della popolazione che, a confronto del resto d’Europa, fu un risultato eccezionale.
Luchino Visconti e Casimiro III erano lungimiranti e capaci.
Lo slogan attuale è #Milanononsiferma e conviene dire che non ci fermiamo perché la tecnologia ci permette tutto: lavorare da casa, telefonare, videochiamare, aggiornare blog, scrivere pezzi, fare video.