La dottrina del male è l’ultimo romanzo di Alessandro Berselli edito da Elliot.
Il tema è un tema vecchio come il mondo, che Berselli ne La dottrina del male porta nel presente e declina a modo suo: l’inevitabile caduta nell’abisso si attua per fasi progressive – se è vero che non si può tornare indietro, è vero che ci si può, o almeno che ci si potrebbe, fermare.
Questo è fondamentale per capire il grado di responsabilità dell’individuo. Il protagonista in più momenti, in più occasioni, potrebbe salvarsi. E noi con lui.
La lettura de La dottrina del male – che di fatto è una riflessione sul libero arbitrio – è impegnativa, perché è impossibile non riconoscersi in questo gioco e nelle sue regole.
Alessandro Berselli parla a un pubblico intelligente, in grado di cogliere le sfumature, capire le metafore, riconoscere i simboli, apprezzare le scelte linguistiche e culturali e metterci anche del suo.
E Berselli è crudele
Lo è perché scava nella nostra psicologia, nelle nostre paure, nei nostri incubi con uno scalpello degno di Michelangelo.
È un’idea geniale, e realistica fino all’estremo, ad esempio, che al protagonista Ivan, della figlia che sta per nascergli, importi di fatto solo il nome.
Per il resto è totalmente anafettivo. È vero peraltro che il nome è importante, e qui la scelta è fra Clarissa e Sara, un nome cristiano e uno ebraico. Tutto qui? No.
Clarissa è anche la protagonista di Fahrenheit 451, l’indiscusso capolavoro del maestro della distopia Ray Bradbury (1953, film Truffaut 1966). Non credo che Ivan sappia tutto questo. Berselli (e noi), sì.
Il crimine nel romanzo
Ma questo romanzo è anche e soprattutto un romanzo del crimine, che – come tale – dialoga con la produzione precedente e al tempo stesso se ne allontana.
Riconosciamo all’autore, soprattutto, la capacità di trasfigurare un fatto che sembra appartenere alla cronaca nera e di trasformarlo in un raffinato esperimento letterario, per poi farlo riprecipitare a livello della cronaca più bieca.
I fatti che leggiamo sono immorali, i delitti che si perpetrano sono efferati, ma che dire della realtà? Padri distratti che uccidono i propri figli, uomini gelosi che bruciano vive le ex-partner, sono forse meglio delle storie di fantasia?
I noir di Berselli scavano nell’abisso che ci costruiamo giorno dopo giorno, individualmente e collettivamente; negli alibi che ci disegniamo da soli per giustificare ogni nostra piccola trasgressione “innocua”. Ma quel seme non è innocuo e cresce, cresce fino a divorarci.
Ho conosciuto Berselli ai tempi di quella che poi è stata chiamata “la Trilogia del male” – Io non sono come voi, 2007; Cattivo, 2009; Non fare la cosa giusta, 2010.
Sono passati circa dieci anni da allora, anni in cui Berselli ha sperimentato il comico – Anche le scimmie cadono dagli alberi (2014) e Kamasutra Kevin (2016) – fondendo noir e humor in quel piccolo gioiello che è Il metodo crudele (2013) e raggiungendo le vette del noir psicologico nel racconto lungo Le siamesi (2017).
Dal noir al fantapolitico
Berselli ha maturato una consapevolezza tale da poter affrontare, oggi, un genere difficile come quello della distopia o, se vogliamo del romanzo fantapolitico.
Difficile in quanto qui, più ancora che nel comico o nel noir, è consigliabile tener d’occhio i grandi maestri e soprattutto decidere da che parte stare.
Se finora il noir psicologico o lo humor potevano sopperire a un disimpegno che riaffiorava qua e là, ora tale disimpegno non è più possibile, e anzi questo testo ci offre una chiave di lettura per tutto il Berselli che abbiamo letto (o che non abbiamo letto) finora.
Non per diminuirne l’originalità, ma al contrario per riconoscergli il merito di aver saputo trattare del nostro tempo con lo stile, la misura, e quel mix di leggerezza e approfondimento che distinguono la vera letteratura, dialogando con gli altri protagonisti della scena culturale internazionale e nostrana.
Leggerezza e approfondimento
È ovvia l’influenza che alcuni romanzi e film hanno avuto su questo romanzo.
In primo luogo Woody Allen, ma a seguire il romanzo di Valerio Varesi Lo stato di ebbrezza (2015) e i film rispettivamente di Paolo Sorrentino La grande bellezza (2013), Paolo Virzì Il capitale umano (2013), e Paolo Genovese The Place (2017).
Sono tutte date molto vicine – 2013, 2015, 2017 e infine 2019, La dottrina del male.
È come se esistesse un filo conduttore in questi Anni Dieci del secondo millennio, e questo filo conduttore dei nostri “anni dispari” è lo sguardo spietato sulla società (= noi) e il patto faustiano che fa scegliere il Male anziché il Bene.